Un tempo esistevano la claustrofobia, l’aracnofobia, l’agorafobia. Oggi esiste lanomofobia. In epoca di elettronica onnipresente, il cellulare ha ormai da oltre vent’anni monopolizzato la scena, facendo sì che le persone mescolassero sempre di più la sfera pubblica con quella privata. Prima di questo apparecchietto trillante e vibrante era impossibile pensare di potersi assentare da una riunione per il tempo di rispondere ad un parente o un amico che ci chiamava al telefonino, ora invece il nostro privato entra a far parte della nostra vita pubblica. Ed è diventato così indispensabile tutto ciò, che nasce appunto la nomofobia, ossia la paura di perdere di vista il cellulare.
La ricerca in questione è stata condotta daSecurEnvoy, una società che si occupa appunto di telefonia mobile. I soggetti studiati sono stati mille cittadini britannici, ed è risultato che il 66% di persone intervistate soffrono di nomofobia, ovvero hanno l’angoscia di separarsi dal proprio cellulare, e sentono la necessità di portarlo sempre con sé.
Vogliamo “dare altri numeri”? Bene: i nomofobici sono più che altro giovanissimi (il 77% ha dai 18 ai 24 anni), sono di sesso prevalentemente femminile (70% di donne contro il 61% degli uomini), e non si separano mai dal loro telefonino, tanto che il 75% dei soggetti intervistati ammette di portarlo persino in bagno.
Un altro “numero” da nomofobici? Il numero dei controlli: il cellulare può essere tenuto sotto stretta osservazione fino a 35 volte al giorno, in modo da non farlo mai uscire dal proprio campo visivo.
Fino ad oggi magari non immaginavamo di essere nomofobici. Adesso che lo sappiamo, invece, possiamo controllare il nostro telefonino sentendoci meno assurdi: in fondo non è colpa nostra, è colpa della nomofobia!
E ora scusate, ma devo andare: non ricordo dove ho lasciato il cellulare…